Editoriale

Ispirandosi alla Pasqua del giovane Giovanni Bosco

Missione, realismo e affidamento alla Provvidenza, nel messaggio di auguri rivolto alla comunità accademica
  5 aprile 2023

Cinque anni dopo l’ordinazione sacerdotale, il giovane prete Giovanni Bosco dovette affrontare una duplice sfida: una della collocazione del suo oratorio e l’altra legata ai limiti delle sue forze fisiche. Attorno alla Pasqua del 1846, mentre tante svariate occupazioni tornavano a detrimento della salute di don Bosco, era venuta l’ultima domenica, in cui gli era ancora permesso di tenere l’Oratorio nel prato dei fratelli Filippi. Egli stesso racconta l’esperienza nelle Memorie dell’Oratorio:
«Io taceva tutto, ma tutti sapevano i miei imbarazzi e le mie spine. In sulla sera di quel giorno rimirai la moltitudine di fanciulli, che si trastullavano; e considerava la copiosa messe che si andava preparando pel sacro ministero, per cui era solo di operai, sfinito di forze, di sanità male andata, senza sapere dove avrei in avvenire potuto radunare i miei ragazzi. Mi sentii vivamente commosso. Ritiratomi pertanto in disparte, mi posi a passeggiare da solo e, forse per la prima volta, mi sentii commosso fino alle lagrime. Passeggiando e alzando gli occhi al cielo, “Mio Dio, esclamai, perché non mi fate palese il luogo in cui volete che io raccolga questi fanciulli? O fatemelo conoscere o ditemi quello che debbo fare”».
Nel tempo della prova, il giovane prete non fugge il campo di battaglia e non pensa a se stesso. Rimanendo ancorato alla sua missione per i giovani abbandonati cerca prima una collocazione per loro, chiedendo illuminazione da parte di Dio che non si farà aspettare a lungo. Tuttavia la risposta, quasi immediata, non arriva standardizzata né in forma né in contenuto: in modo insicuro e balbettante gli viene offerto un luogo per un laboratorio che non cercava. Accettando l’imperfezione dei locali della casa Pinardi, ebbe l’inizio la stabilizzazione delle attività educative.
Alcune settimane più tardi i molti impegni che don Bosco aveva nelle carceri, nell’ospedale Cottolengo, nel Rifugio, nell’Oratorio e nelle scuole lo costrinsero a doversi occupare di notte della compilazione di alcuni libretti che lui stesso descriveva come “assolutamente necessari”. Non accettando il limite delle sue forze fisiche viene preso dallo sfinimento e una broncopolmonite ne mette seriamente a rischio la vita. 
Dopo la guarigione e il periodo della convalescenza, il giovane prete rivaluta le sue energie polarizzandole con più chiarezza attorno al progetto dell’Oratorio di Valdocco e coinvolgendo diversi collaboratori nella creazione di una casa e di un ambiente educativo in stile familiare. Sua madre Margherita Occhiena fu la prima collaboratrice a tempo pieno in questa missione lasciando la sua famiglia d’origine, nella quale veniva “considerata come la regina dei piccoli e degli adulti”, per diventare madre delle centinaia di ragazzi abbandonati e poveri.
Vi auguro che la Pasqua di quest’anno ricordi le caratteristiche vissute da don Bosco: la dedizione radicale alla missione affidata; il realismo temperato circa le proprie forze; l’accettazione delle ispirazioni sul cammino della vita anche in forme e contenuti insoliti e imperfetti e, infine, l’affidamento alla Provvidenza e alla collaborazione sinodale con gli altri compagni di viaggio che condividono la missione.
Buona Pasqua!

Prof. don Michal Vojtáš,
Vicerettore